“La tregua” di Luciano Celotti

Ho sporto la mia faccia,
e fronte e naso e mento,
oltre la trincea,
alla notizia della pace
finalmente fatta
fra terra e terra
e, seppur per vie traverse,
fra terra e cielo.
S’udivano alleluia,
e suoni e canti e balli
per cui mi sporsi con fiducia
e senza alcun sospetto.
Ma un colpo di moschetto
modello “novant’uno”
corretto e riveduto
nel “trent’otto”,
mi sfiorò con sibilo sinistro,
la tempia e l’occhio destro.
Mi trincerai subitamente
come preda nella tana.
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“Tu che mi leggi” di Luciano Celotti

Tu che mi leggi
non pensare che abbia qualcosa
da offrirti.
Ho scarpe rotte
e mani incallite.
I miei dolori
sono simili ai tuoi,
le mie speranze
nuvole in fuga.
Non ho ipoteche sul domani,
mi rimane soltanto
un monotono orizzonte.
Vivo il giorno
al minuto secondo
sul filo del rasoio.
Mi trucco da ‘pierrot’
e nascondo la paura.
Ho scarpe rotte
e mani incallite…
e troppi rimorsi
che mi fanno compagnia.

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“El Cristo de Leopoli” di Luciano Celotti

Avìo visto el Cristo de Leopoli
mentre i lo portava via
par scondarlo in un buso cissà dove?
L’avìo sentìo cosa el sigava?
– No! – l’urlava al mondo intier – No!
Lasseme qua, inciodà su la me Croce.
Serve el me sangue, le me piaghe
ne la carne, le me spine in fronte.
Lassème qua, ve digo,
dove la gente la pol catarme,
la pol pregar sensa paura.
“Vegnì, omeni, sensa un domàn,
ma fioi de Dio,
e che ...

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